Che la lotta alla transfobia necessiti ancora di molti sforzi e di tante energie per essere finalmente portata a termine riducendo al minimo l’impatto di questo fenomeno negativo sulla vita di tutti i giorni delle attrici (e degli attori) transessuali non è affatto un segreto, le denunce di una Hollywood, la città delle star, ancora omofoba e transofoba crescono sempre di più.
Del resto, le varie cause, le lotte civili e il costante impegno di numerosissime persone hanno dato dei loro frutti, che, però, sono ancora insufficienti. E le critiche alle attrici (e agli attori) famose spesso non derivano soltanto dai noti transofobi del mondo del cinema, ma anche dalle persone transgender stesse. Senza dimenticarsi che spesso e volentieri anche le attrici più famose rifiutano i ruoli da transgender, pur di non ricadere nella solita trappola della discriminazione ed evitare le varie discussioni che, talvolta, possono protrarsi su di un’attrice di Hollywood che decide di accettare un ruolo da transgender nel grande cinema. Per esempio è il caso di Scarlett Johansson, che solo poco tempo fà ha rifiutato la parte di una persona transgender. Avrebbe dovuto vestire i panni di un uomo in un film di Rupert Sanders (con cui ha già collaborato) e invece… Certo, successivamente la bella attrice si è scusata, dicendo che avrebbe preferito vedere quel ruolo preso da qualche vero transgender, che avrebbe saputo meglio come interpretare quel ruolo in particolare. E, in realtà, il pensiero che i ruoli da transgender debbano venire interpretati dai transgender stessi è abbastanza comune.
Basti pensare al caso di Jared Leto al Santa Barbara International Film Festival: quando l’attore salì sul palco, sentì una voce provenire dal pubblico.
–Non meriti un premio! – disse una donna non meglio identificata dal pubblico suscitando un certo scalpore. – Non meriti un premio per aver interpretato una donna transessuale, perché tu sei un uomo!
Un’accusa, questa, abbastanza radicata nella comunità LGBT che deve fare i conti anche con’industria cinematografia ancora non completamente priva di discriminazioni verso le trans. Quest’accusa è spesso descritta con il termine “trasfigurazione” e che culturalmente evoca un tabù abbastanza famoso, quello di blackface, ovvero il caso in cui un attore cisgender debba prendere il ruolo di un attore transgender (la cosa vale, ovviamente, anche per le attrici). Ma che Hollywood fosse un’industria discriminante non è nemmeno questo un segreto. A detta di molti si tratta semplicemente di un cast per le varie star del cinema “normale”, cisgender, e non per quello transgender. Del resto, ogni attore e attrice cisgender può semplicemente essere trasformato/a per apparire come un o una trans, ma senza dare un’autentica esperienza di vita di quel ruolo. E se da un lato questo è sicuramente negativo, in quanto riflette in minor misura ciò che le transgender provano e come vivono la loro vita, d’altro canto è una scelta di Hollywood per far apparire sugli schermi solo gli attori rinomati, senza puntare su quelli che devono ancora venire confermati. Le scommesse, per dirla brevemente, non servono proprio a nessuno, men meno che ai produttori di Hollywood.
Apparire, ovviamente, ha i suoi lati negativi: un grandissimo uso di cosmetici, diete particolari e quant’altro. Cose, queste, che comunque non riescono a cambiare la persona sin nel profondo. Anche per questo i film di successo che vedono una persona cisgender vestire i panni di una trans sono pochissimi e si possono contare sulle dita di una sola mano. Invece di preferire gli attori di minoranza, che sarebbero comunque in grado di dar vita a un ruolo migliore e giocare la propria parte fino in fondo, si preferisce dar vita a ruoli “scarsi”, interpretati da attori famosi che comunque non riescono a tirare il meglio di sé e il film finisce per non avere un’alta qualità.
Jared Leto, però, non è stato il solo a venir pesantemente criticato per via della sua scelta d’immedesimarsi nel ruolo di una persona transgender. La stessa sorte ha toccato anche a Jill Soloway, la creatrice di Transparent. Durante la proiezione di questa serie televisiva all’Outfest, un importante festival del cinema LGBT a Los Angeles, è stata criticata da Ashley Love, un’attivista americana abbastanza famosa, che da anni combatte per i diritti LGBT. Jill Soloway è stata criticata per aver dato il ruolo di una trans all’attore cisgender Jeffrey Tambor, che a sua volta venne criticato per aver accettato il ruolo. L’attivista riteneva che bisognava dare la parte a una vera persona trans, a un’attrice che avrebbe saputo dar vita a un personaggio largamente migliore e più profondo.
– È stato umiliante- ha poi commentato la Love riferendosi al casting.
Ovviamente Soloway si è scusata per aver ferito i sentimenti delle persone trans, ma la sostanza di base è rimasta la stessa: cisgender dentro e trans fuori. D’altro canto, Rhys Ernst, un trans-uomo che ha partecipato alla realizzazione dello show e ne è stato consigliere principale, ha scritto che Soloway ha ragione per il ruolo:
– Il personaggio inizia prima di una transizione di genere.
Una scusa che a molti è sembrata abbastanza campata in aria: un’arrampicata sugli specchi. In molti, però, ci hanno creduto considerando che lo stesso Rhys Ernst è un trans e quindi non può avere dei grandi pregiudizi verso gli altri trans. Però c’è stato anche chi ha difeso la scelta di Ernst, come Boylan, il giornalista del New York Times che ha chiarito come queste scelte servano a rimuovere gli effetti dannosi dei soliti cliché che si hanno sulle trans, ritraendoli sempre come delle vittime oppure dei malvagi. Ciononostante, il pungiglione resta. Specialmente nella stagione dei premi, quando il pubblico presta un’attenzione particolare a questo tipo di ruoli e attori, giudicandoli tutti.
Sia Soloway che Tambor hanno vinto i Golden Globes per Transparent. Leto, invece, ha portato a casa l’Oscar come miglior attore non protagonista per Dallas Buyers Club. Ma ci sono anche altri attori cisgender nominati agli Oscar per aver interpretato ruoli trans, come Hilary Swank (Boys dont cry), Felicity Huffman (Transamerica) e John Lithgow (The world garp). Non in tutti i casi, a dire il vero, sono sorti dei problemi… ma già una così vasta presenza di attori cis che hanno dato vita a dei personaggi trans indica che vi è una precisa tendenza, in quel di Hollywood, nel preferire alcuni attori piuttosto che altri. Del resto, lo stesso regista trans, Andrea James, ha riconosciuta in una recente intervista per The Atlantic che:
– Diventare trans attraverso il trucco e gli effetti è un buon modo per avere dei premi.
A questo, però, si aggiunge senz’altro anche una naturale discriminazione che a Hollywood hanno verso le persone trans, al di là di tutto quello che ne possono dire.
D’altro canto non è nemmeno una tendenza che riguarda unicamente il mondo trans, perché da diverso tempo ormai i ruoli degli omosessuali vengono affidati ad attori etero, che interpretano anche i personaggi disabili (come Eddie Redmayne, che ha vestito i panni di Stephen Hawking in The Theory of Everything).
D’altro canto, però, anche le attrici trans stanno avendo un discreto successo, soprattutto nei film sul piccolo schermo. Basti pensare a Orange is the new black, una serie televisiva divenuta molto famosa e popolare negli USA. Nella stessa serie televisiva recita Laverne Cox, un’attrice trans che ha svolto il proprio ruolo in modo egregio facendo sì che il rating di Orange is the new black spiccasse alle stelle. Si crede, – forse erroneamente, ma chi può saperlo? – che proprio queste nuove attrici e attori di alto calibro daranno il via a un cinema completamente nuovo, a un Hollywoord rinnovato. Perché osservando i successi delle attrici transgender, i produttori vorranno assumerle per dar vita a dei film nuovi, non con dei personaggi cisgender ben truccati e vestiti, ma con delle vere e proprie persone trans nei panni di personaggi trans. Ad alcuni la cosa potrebbe sembrare una lontana realtà, al più un’utopia: del resto, la transfobia persiste ancora ovunque, in tutto il mondo e Hollywood non è certo un’accezione alla regola. Piuttosto si conferma come una parte della regola stessa, per quanto cerchi di staccarsene, riconfermandosi ancora come un posto ricco di pregiudizi. Ma, del resto, cosa si può attendere da un’industria in cui la convenienza e il guadagno vengono posizionati al primo posto, sorpassando anche tutto ciò che riguarda i sentimenti umani, le emozioni e così via. La situazione migliorerà? Forse. Un giorno. In futuro. Non certamente oggi. E bisognerà comunque sforzarsi e combattere perché le persone trans vengano rispettate e abbiano i ruoli nel cinema che spettano a loro.
Oltre a essere transofoba, però, Hollywood resta anche abbastanza omofoba. A proposito è stato persino realizzato un articolo di giornale (per giunta di un giornale prestigioso come l’Indipendent), dove vengono mostrate tutte le incongruenze e le omofobie di Hollywood. Ad aver dato vita ai numerosi dubbi e tante domande in merito è stata la stessa Jodie Foster, che si è occupata della questione durante la cerimonia dei Golden Globes. Il suo discorso, iniziato in modo ironico e finito abbastanza seriamente, ha suscitato un gran trambusto in quel di Hollywood. Lei, difatti, ha affermato (citando il regista Steven Soderbergh), che per un ruolo in Behind the Cadelabra è stato rifiutato un attore perché troppo gay. E a pensare che il cast era stellare (Michael Douglas e Matt Damon), ma semplicemente, nonostante il ristretto budget di soli 5 milioni di dollari, a Hollywood non voleva vederci un attore gay. Questo caso, però, non rappresenta che soltanto uno tra i moltissimi. Forse è quello più evidente e anche quello che fa più rabbia, ma è soltanto la denuncia di moltissimi altri casi simili verificatesi proprio a Hollywood. Bisogna parlarne, insomma, ma anche notare le varie incongruenze che si sono verificate nel corso degli anni. Il vero problema qui, ovviamente, è l’economia. Registi, produttori, direttori di studi e attori di supporto gay e lesbiche possono essere aperti sulla loro sessualità purché non interferiscano con il lavoro. È con i giocatori principali che il codice omertà si applica più rigorosamente.
Rupert Everett, un attore britannico gay, di recente si era recato al Hard Tak, – un talk show della BBC, – dichiarando che i giovani attori gay non dovevano fare coming out se volevano avere dei ruoli importanti. Nonostante queste dichiarazioni, ancor oggi Hollywood è ancora impegnata nella produzione di “film a quattro quadranti“, vale a dire film ultra-mainstream che attraggono maschi e femmine, giovani e meno giovani. Coloro che hanno lavorato a Hollywood parlano dell’elaborata cultura dell’inganno che esiste ancora. All’apogeo del sistema dello studio, pubblicisti e agenti erano soliti “organizzare” matrimoni per stelle gay e lesbiche in modo da rassicurare i fan che fossero eterosessuali. Ci sono ancora alcuni matrimoni di convenienza persino oggi. Uno scrittore gay (che csi è occupato dell’industria cinematografica di Hollywood) ha stilato una lista delle più potenti figure gay e lesbiche di Hollywood. Una volta iniziata la sua ricerca, ha scoperto molto presto che anche persone molto vicine a lui possono essere gay, ma non vogliono fare coming out per paura di venire scoperti e perdere i loro posti di lavoro. Quello che poteva essere un segreto aperto nella comunità di Hollywood, restava nascosto a tutti i costi al pubblico più ampio. Per esempio, i registi leader dei film d’azione non potevano rivelare che erano gay perché avrebbero minato l’immagine del virile uomo proiettata dai loro film.